lunedì 27 giugno 2016

Philippe Soupault. sei poesie surrealiste









Un autore ancora poco noto e ancor meno tradotto in maniera sistematica in italiano, qui nella versione del poeta Valerio Magrelli.
«Non so cosa sarei diventato, se non avessi conosciuto la poesia. Le ho dedicato la vita. Questa parola, poesia, che per qualcuno è solo causa di fraintendimenti, per me rappresenta un mondo in cui posso finalmente capire perché sono nato. Una parola, un barlume, un suono: ecco quanto basta per ritrovarmi in un universo che mi appartiene, a cui appartengo e con cui, se mi è consentito dirlo, faccio corpo.» Così, e altre volte similmente, Philippe Soupault sottolinea la necessità di sapersi attraverso la poesia, di affermare la naturale disposizione a «sentire poeticamente» il mondo, al di fuori della «quotidianità» che stempera il gusto di cogliere le seduzioni infinite e infinitesime dell'esistenza. (...) Protagonista dell'«Azione Dada» («Il solo a non averne disperato», secondo André Breton), Soupault è tra i promotori dell'attività del Gruppo Surrealista. Breton ne precisa il contributo: «Con un senso acuto del moderno, tale da propiziare il totale affrancamento sia dei modi di pensare che dei modi di dire convenzionali, al fine di promuovere modi di sentire e di dire specificamente nuovi e la cui ricerca implica, per definizione, il massimo di avventura». Con Breton e Aragon fonda, nel '19, la rivista «Littérature» che nell'ottobre dello stesso anno pubblica alcuni frammenti di Les Champs Magnétiques. L'opera, scritta in collaborazione con Breton, inaugura praticamente la stagione della «scrittura automatica». Legato a Breton anche da «La speranza della rivoluzione russa, la disperazione, l'amicizia di Apollinaire, il fascino esercitato da Rimbaud e la scoperta di Lautréamont», Soupault mantiene comunque un proprio specifico e, pur continuando a firmare (fino al'25) la maggior parte dei manifesti surrealisti, matura il progressivo distacco che causa la « scomunica» di Breton (nel '26) e l'attacco contenuto nel Secondo Manifesto del Surrealismo, in cui viene definito «infamia totale». Soupault continua però a sentirsi surrealista, in quanto il surrealismo rimane anche e soprattutto modo di vivere. Nell'agosto del '74 conferma in una intervista: «Credo che dopo Les Champs Magnétiques non avrei potuto smettere di essere surrealista. Ero stato definitivamente segnato da quella esperienza. Non sì è smesso di codificare quella che era una tappa nella scoperta di una possibilità di "cambiare la vita", ma per me il surrealismo non è mai stato una scuola, un movimento o una chiesa. Dopo il primo libro surrealista ho continuato a considerare la poesia come una liberazione che ho sempre desiderato prolungare». (...) Con elegante immediatezza, Soupault riesce sorgente-ricevente, cartina di tornasole delle costanti dinamiche ed eterne dell'esistenza. «Senza retorica» scrive Marcel Raymond «una poesia senza ornamenti; e anche questo surrealismo, dov'è se non nello sforzo di percepire, ai confini dello spirito, il volto della vita?» Un volto che sovente si cela nei chiaroscuri della notte, nei lampioni che tratteggiano appena il buio, nell'incertezza che s'insinua nelle consuetudini e ne setaccia l'incolore succedersi, nel mistero che sfratta le abitudini, cassa di risonanza che non moltiplica effetti bensì presenze. Non vale più la logica solita, nella notte. Difatti la poesìa che la «ausculta», poiché riesce «il reale assoluto» (Novalis), poiché testimonia una chiaroveggenza permeabile, non ne serba traccia. Nella notte scocca l'insolito: riprendendo una mai smarrita attitudine, Soupault si fa allora esploratore dell'insolito, di cui la poesia è il «diario di viaggio ». Dalla consapevolezza dì praticare situazioni non conformi alle esigenze imprescindibili dell'uomo, nasce l'urgenza di rintracciare un altrove: non asilo confortevole e insipido ma spazio vitalizzante, da intuire e schiudere per tutti. Se la poesia, come del resto qualsivoglia espressione artìstica, ha il compito di far sentire che la sorte dell'individuo, magari stabilita a priori, tuttavia consiste grazie alle passioni, alla fantasia e all'immaginazione, allora l'angoscia esistenziale, l'agguato della morte e l'impalpabile incalzare del tempo, attraverso la sua voce non rimangono scacchi inesorabili. La poesia suggerisce proprio simili riscatti: quale faro puntato sul nulla, ne plasma l'indefinibile trasparenza architettando occasioni a immagine e somiglianzà dell'uomo che «la fa» e di chi, leggendola, «la rifa». Per Philippe Soupault si tratta di un imperativo ineludibile. (...) [nota di Ferdinando Albertazzi]

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